Ciao tu,
eccoci alla nostra prima puntata settembrina, a base di fichi (a chi piacciono – eccomi), pelle che si squama (invidiaaaaa) e scuole che ricominciano (sia lodato sempre sia lodato).
Se hai nuovi inizi da proclamare e condividere, sentiti libero di scrivermi a svevaborla@gmail.com o su Instagram per mettermi a parte dei tuoi buoni propositi per l'avvio di questo nuovo anno. Perché sì, lo sappiamo tutti che l'anno comincia a Settembre e che a Gennaio siamo già irrimediabilmente stremati e non vediamo solo l'ora che sia Pasqua e poi è un attimo che si possono infilare le pinne in valigia. Dài dài dài!
Per celebrare questo momento, ho pensato a una novità che spero ti piacerà.
Ero lì, una notte, a cullare mio figlio che dubitava se farlo o no 'sto ruttino prima di rimandarmi finalmente a letto, e ho avuto l'epifania. Al buio e non completamente padrona di me stessa (come quando avvengono svariate fra le migliori cose), ho pensato "che peccato tutti gli altri libri letti e rimasti inrecensiti: che grande spreco è mai questo per l'umanità intera e tutti gli iscritti presenti e futuri alla mia mini newsletter?".
Datami risposta retorica a simili angustie notturne, sappi che è sulla scia di quel magone ingovernabile che inaugura oggi solo per te una nuova rubrica che si chiama TuttoLibrini. C'è poco da sapere: uscirà ogni tanto (come sai, mi avvalgo del diritto di non avere alcun piano editoriale) e raccoglierà alcune recensioni in formato mignon. Tante ma più brevi. Come le confezioni di gelatini che finiscono subito.
Nelle "righe" che seguiranno troverai...
In forma di testo:
Titolo
Autore
Editore
Numero di pagine
Prezzo
La mia attesissima ed irrinunciabile nonché per nulla esaustiva mini recensione
Espressioni, frasi o brani che mi sono piaciuti e potrebbero strabiliare anche te
In immagini:
La foto un po' bellina della copertina
Trattandosi di una puntata un po' speciale, colgo l'occasione per ricordati che Librini è un progetto auto-poracciamente-prodotto che arriva nella tua casella di posta elettronica ogni due settimane (salvo intoppi). Iscriversi è gratis e fa bene, dicono. Quanto meno contribuisce a farti trascorrere un momento piacevole di sabato mattina. Attenzione, però, è necessario avere anche un cappuccino sennò un po' perde secondo me.
Dal 18 marzo, la prima volta, quando inviai la newsletter a più o meno cinque persone (una ero io), i lettori e le lettrici di Librini sono decine e decine e decine in più. Puoi crederci?
Adesso, ogni volta che qualche nuova persona si iscrive, si rafforza in me la sensazione che stia facendo qualcosa di bello e buono, e/o magari qualcosa di utile. Ricevo messaggi, foto, commenti e anche ringraziamenti che mi spingono a leggere e poi a scrivere anche quando tutta la mia quotidianità è avversa al mantenimento di questa promessa.
Perciò, se ti piace Librini, non dimenticarti di parlarne ad amici, colleghi, parenti e vicini di casa; alla parrucchiera, all'estetista e alla personal trainer; al barista, al fruttarolo e al giornalaio; ovviamente al tuo libraio di fiducia. Condividi i post di Librini su Facebook e Instagram, fai una storiella, consiglialo sulla chat delle mamme, gira l'email della tua recensione preferita e invita qualche altro appassionato a iscriversi. Puoi dire loro che qui si chiacchiera di libri, quindi di noi, che poi è il motivo per il quale c'è anche un po' della mia vita in ogni puntata.
Insomma, daje con 'ste iscrizioni! :)
Fine momento propaganda. Grazie. Stop.
Tuffiamoci adesso nel vivo di questa puntata. Splash!
Quel che stavamo cercando - 33 frammenti
Alessandro Baricco
Feltrinelli
senza pagine ma le ho contate per te: sono 45
4 euro
Capisco che di tutto quel che ha scritto Alessandro Baricco ti starai chiedendo perché mi soffermo proprio su un libello sì insignificante. Non hai tutti i torti ma si dà il caso che ultimamente avevo questo fra le mani, adattissimo a una riflessione socio antropologica profonda pur dedicandogli una sola veloce seduta di lettura, ovunque: sul tram, in bagno, al bar, in coda alla posta, aspettando che tuo figlio esca da scuola o che il tuo cane finisca di fare la pipì.
Riguarda la Pandemia: un tema a caso, insomma. Non ha pagine (!): è un discorso organico che si dipana in 33 frammenti densi di significato e neanche poi così "facili", per cui ogni tanto ti andrà di rileggere qualche paragrafo per essere sicuro di aver seguito bene il filo.
Baricco è così, sta sempre a duemila e non cala mai la tensione di significato in quello che dice. (Fra l’altro, mandiamogli tutti muchas buenas vibras perché non è che ultimamente se la stia passando benissimo). Amo di Baricco saggista il suo essere visionario e non giudicante, uomo figlio del Novecento ma con entrambi i piedi nell'era del Game. A proposito, se non hai letto The Game, ti prego assolutamente di rimediare perché non puoi vivere nell'epoca attuale senza riflettere su chi siamo diventati e com'è successo, grazie al suo lucido e fluido accompagnamento che ci intrattiene lungo le 325 pagine di questo saggio del 2018. Per completezza di ragionamento, prima di The Game potresti leggere I barbari - Saggio sulla mutazione (2006), trenta puntate sul tema della crisi dei nostri modelli culturali occidentali. Così, fra lettura e assimilazione, ruminamento direi, degli argomenti trattati, sei a posto fino ai Morti. (Sì, puoi ringraziarmi).
Ti regalo due frammenti che ho sottolineato:
p. 23
In moltissimi si è pensato: ma che follìa di vita facevamo, prima?
La figura mitica della Pandemia porta nel ventre, tra le altre cose, questa epifania, pronunciata con una chiarezza destinata a non risparmiare nessuno. Essa dice che era una follìa andare a quei ritmi, disperdere così tanta attenzione e sguardo, smarrire qualsiasi intimità con se stessi, scambiarsi corpi nevroticamente senza fermarsi a contemplare il proprio, vedere molto fino a raggiungere una certa cecità, conoscere molto fino a non capire più nulla. Nel ralenti a cui ha costretto l’intero mondo, la Pandemia ha tirato fuori fotogrammi, dal film delle vite, che non si potevano vedere: spesso contenevano il volto dell’assassino, o il volo dell’angelo. E nella costrizione all’immobilità ha spalancato quarte dimensioni che si erano abbandonate.
È indubbio che volevamo, e cercavamo, qualcosa di simile. Forse, tra le correnti di desiderio che hanno spinto quella figura mitica fino alla superficie del mondo con tanta violenza improvvisa, una delle più forti è stata proprio questa: il bisogno spasmodico di fermarsi. In questo senso, la Pandemia è stata veramente un urlo. Un urlo di fatica. Di ribellione.
Il bambino quando piega le ginocchia e si lascia cadere perché non c’è la fa più.
E infatti poi la ripresa – che fa parte ancora integrante della figura mitica – è un tornare strano, riottoso, più che altro dettato dalla necessità di rimettere in moto il giro del denaro. Ma con un’incrinatura nel senso delle cose – ineliminabile.
p. 24
Certo è anche un urlo per gridare Aiuto! dalla prigione di una Storia, per così dire, addomesticata. Orfani delle guerre – atroci, ma molto efficaci come strappi controllati all’inerzia delle esistenze – gli umani hanno ritrovato nella Pandemia l’elettrizzante accadere di qualcosa che spezza, interrompe, ricomincia, termina. Mentre tutto ormai è una derivazione morbida da ciò che precede, e qualsiasi strappo è comunque considerato inadatto, dovendosi preferire, secondo un certo galateo della Storia addomesticata, lo scivolare nel nuovo solo a piccoli passi, tutti collegabili, tutti derivabili logicamente.
Con quell’effetto continuità che alla fine soffoca le coscienze, mentre concede loro un conforto. Perfino l’avvento del Game è stato, in fondo, un evento morbido, quasi uno scivolare nel nuovo con tutta la cautela possibile, a un pelo dallo scusarsi. E la più grande delusione degli ultimi vent’anni è stata scoprire che la frase “nulla sarà più come prima” è bigiotteria intellettuale se nemmeno dopo l’11 Settembre è risultata vera.
La verità è che è sempre tutto come prima, solo un po’ più pulito.
Basterebbe l'espressione "bigiotteria intellettuale" per non avere dubbi; oltre al fatto non trascurabile che Feltrinelli ha scelto un formato, una grammatura e un colorino di copertina che mmmmmm adoro!
Oggi una donna è andata fuori di testa al supermercato
Hilma Wolitzer
Mondadori
174 pp.
19 euro
Ammetto di non aver resistito a questa copertina abbinata a un titolo supremo (un po' specchietto per le allodole, bisogna dire – eccomi, allodola fatta e finita) che comunque vada la lettura sai di aver fatto bene a essertelo portato a casa.
E poi però sono un po' rimasta come la donna del disegno, lì a sostenermi il mento con le nocche, perché non è che mi sia sentita così presa dai racconti di questa raccolta; anche se non saprei ben dire perché. Si tratta di una collezione di brani scritti da un'autrice molto in voga negli States che fra gli anni Sessanta e Settanta pubblicò su varie riviste dei racconti che esplorano la quotidianità domestica e sentimentale e le varie beghe e contraddizioni della relazione matrimoniale. La signora Hilma mette in piazza la sua vita con Howard, il quale – capirai – non è che ne esca sempre benissimo, fra l'altro.
Se facessi io una cosa del genere, mio marito chiederebbe il divorzio seduta stante. "Gestione delle informazioni".
Peccato.
Notevole è l'ultimo capitolo, inedito e contemporaneo, l'estremo racconto, dal titolo La grande fuga. Parla di Howard che, ormai anziano, finisce in ospedale a causa di "questa cosa che gira, un virus" (aridaje con la Pandemia). Non posso trascrivere 26 pagine, ma credimi se ti dico che è decisamente toccante e spiazzante e tenero e fa venire un po' di malinconia perché ci ricorda le tantissime situazioni di sofferenza, disagio, solitudine e spaesamento vissute quando la gente, specie gli anziani, finiva sola in ospedale durante il Coronavirus, senza sapere se sarebbe tornata a casa.
Sì, il libro vale indubbiamente questo ultimo racconto. E altre situazioni quotidiane ben tratteggiate come quelle che puoi leggere di seguito e in cui vai serena con l'immedesimazione.
p. 51
Oltretutto anch'io ho le mie qualità, non ultima la mia indole. Solare, radiosa, ogni mattina mi sveglio con lo stesso carico idiota di speranza. Il letto sembra sempre troppo piccolo per contenere me insieme a una tale espansione di gioia.
È solo giovedì, o domenica. È solo la mia carne, pallida e sgualcita dal sonno, che profuma di pane sotto al mio naso grufolante. Non è successo niente di speciale, e di questo sono grata. Potrebbe succedere di tutto, e di questo sono in trepidante attesa.p. 54
Lui si trascina nella stanza, ancora convalescente dall'infanzia.p. 63
A volte Howard chiede «Che c'è?», oppure «Cos'è che vuoi?». Ma sa che il mio è solo un rimuginare. Non voglio niente. Voglio tutto. Guardo dalla finestra come una sentinella, rovisto tra la posta a caccia di messaggi segreti, rispondo al telefono piena di aspettative.
Pronto, pronto... Ma è sempre qualcuno che conosco.p. 85
Tutti dicevano che c'era un maniaco sessuale che si aggirava a piede libero nel condominio e io pensai che era anche ora. Era stato un lungo inverno asessuato. Come se il riscaldamento avesse prosciugato tutti i liquidi del corpo e inaridito le fantasie della mente.
La grande A
Giulia Caminito
Giunti Editore Le Chiocciole
285 pp.
13 euro
Se mi conosci da un po', saprai che ho una fissa con le opere prime, specie se sono di autori e autrici giovani, altrimenti detto miei coetanei. Perché io sono giovane.
Questo romanzo, finalista al Premio John Fante Opera Prima 2017 e vincitore del Premio Bagutta Opera Prima 2017 e del Premio Berto 2017, parla di Giadina, una bimbetta che vive con gli zii in provincia di Milano e sogna di raggiungere la sua mamma Adi, personaggio da film, emigrata a trafficare con camion, alcolici e bar nelle colonie italiane in Africa. È questo il miraggio di Giada, la grande A, luogo dove poi arriva per confrontarsi con una rosa di personaggi e situazioni dalla mille sfaccettature e che danno vita e colore al tessuto del libro.
Il racconto è liberamente ispirato alla biografia famigliare dell'autrice ed è scritto benissimo, con un prosare visionario e ricco di dettagli, tutti necessari. Maturo come se si trattasse di un'autrice navigata.
Per esempio, a p. 37
Tutte in città s'erano fatte cucire le camicette di seta nuove e i vestitini, le ragazze giovani soprattutto, per la bella stagione. Lei neanche una canottiera. I teloni soffici del paracadute e la lana grezza e rugosa delle coperte le ricordavano la Guerra, era come averla sempre addosso. Il grigio scuro, il verde militare, il nuvola da pioggia, il cammello, l'arancione cotto e schiarito, il panna, e il nero per tutti i caduti che neanche si sapeva dove seppellirli. E allora finivano insieme, e c'erano file e file di abiti neri che vagavano per Legnano cercando di piangere.
Lei ogni pomeriggio guardava dalla finestra oltre il cortile, aspettando un clacson in lontananza, profumo francese, vestiti a colori, e pacchi di biscotti.
La Guerra era finita quindi la Mamma doveva tornare, per forza.
Porterà conchiglie, stelle marine, amaretti, boccette con dentro l'acqua salata. Giadina era sicura e se lo ripeteva ogni notte prima di andare a dormire.
La Mamma torna, la Mamma torna.
Ma non poteva mai chiedere quando, perché partivano altri schiaffi.
Nessuno aveva il tempo di star lì a capire dove fosse sua madre. Le giovani si fidanzavano con gli americani, le vecchie si ricompravano le calze di nailon. Ognuno aveva il suo bel da fare.
Conoscevo la Caminito per aver letto con trasporto e somma reverenza L'acqua del lago non è mai dolce, il suo romanzo finalista al Premio Strega 2021 e vincitore del Premio Campiello 2021: fui rapita dalla potenza asciutta della sua scrittura che sa tratteggiare caratteri universali in tre frasi e brevi, usando pochi azzeccatissimi aggettivi e non vergognandosi di raccontare le pieghe più bieche del nostro essere. Leggilo! e mi ringrazierai anche per questa dritta.
A dire il vero, La grande A mi sembra a tratti scritto da un'altra penna: è più riccioluta la prosa e gli eventi raccontati, antichi e dal profumo di bucato della nonna, conferiscono a quest'opera una voce vintage che richiama certe pagine alla Elsa Morante #thequeen. Quest'ultima è di certo un'ispirazione per Giulia Caminito: esperta di autrici del Novecento, ha dedicato ad alcune di loro il piacevole libro Amatissime.
È una di quelle penne, insomma, che mi fanno venir voglia di leggere tutto quanto da loro prodotto: così allungo bulimicamente la lista dei miei desiderata cui evidentemente non riesco a tener dietro e si va appesantendo quella sensazione di soverchiamento intellettuale da accumulo di pagine mancate che è un cane che si morde la coda, perché mai smetterò di aggiungere titoli e mai esaurirò la suddetta mostruosa lista.
Ma la vita è anche bella così, con sogni da inseguire e traguardi cui anelare. Nel mezzo c'è la realtà, con molte crisi di nervi, poche ore di sonno, vestiti che si accumulano in angoli della casa giammai loro dedicati con la stessa maestosità della venere pistolettiana, senso di inadeguatezza e smanie di perfezionismo che si alternano con un ritmo regolare quanto una marcia. Il che mi fa pensare che alla fine sia tutto sotto controllo. Forse.
Mentre cerco di metter pace al mio animo perennemente scisso, invoco anche le divinità perché mi assistano e suggeriscano ai miei bambini mi mandarmi serenamente al Pest Text Festival di Budapest dove è invitata proprio Giulia Caminito, grazie al supporto dell'Istituto Italiano di Cultura.
Per chi gravitasse da queste parti, ci vediamo lì! Spero.